Alessandro Wjan

Progect Manager | Web Developer

PREMESSA - IL "MULTIPOTENZIALE"

Quella che segue è la mia storia, incentrata sugli argomenti trattati in questo sito: le valutazioni immobiliari da una parte e lo sviluppo di siti web dall’altra. È lunga e sicuramente noiosa, quindi non mi offenderò se non la leggerai tutta! 😁

Però è anche una storia che a modo suo può far comprendere meglio le persone caratterizzate dalla “multipotenzialità”. Un termine che ho scoperto esistere da poco, ma che mi contraddistingue da sempre.

Caratterizza quelle persone che vivono un po’ di ossessioni, una dopo l’altra, sempre in cerca di nuove curiosità da soddisfare. Quando ne trovano una, ci si buttano a capofitto permettendole di monopolizzare tempo e risorse. Quando però cominciano a conoscere l’argomento, la loro curiosità cala drasticamente e con lei anche l’interesse, che viene rivolto verso una nuova curiosità, ricominciando il ciclo.

Nella mia vita sono stato incuriosito da moltissimi argomenti, molti dei quali non mi sono serviti a granché, pur avendoci investito tempo e denaro per approfondirli. Tuttavia, nessuno di loro è stato davvero inutile. Qualcuno più e altri forse meno meno, tutti quanti hanno comunque arricchito il mio sapere, aiutandomi ad affrontare meglio argomenti apparentemente del tutto estranei.

I “multipotenziali” possono perseguire unicamente due correnti di pensiero per convivere con la loro indole curiosa.

Da una parte ci sono quelli che vi rispondono con la filosofia di Joker ne “Il Cavaliere Oscuro” di Christofer Nolan ed interpretato da Heath Ledger:

“Io sono come un cane che rincorre le macchine: non saprei che farmene se dovessi prenderne una”

Dall’altra quelli che invece la pensano come Thomas Alva Edison, inventore della lampadina, nonché titolare del record assoluto per numero di brevetti registrati a suo nome: ben 1.093!

“Solo perché hai scoperto qualcosa che non serve per fare ciò che credevi, non vuol dire che sia inutile”

Molte delle cose che ho imparato a fare, le reputavo inizialmente fini a loro stesse, necessarie unicamente a soddisfare la mia temporanea curiosità per poi poter essere buttate nel “cassetto dei dimenticabili”. Ognuna di loro, invece, mi ha aiutato in qualcosa. Programmare, in particolare, ha migliorato enormemente il mio modo di ragionare, insegnandomi a scomporre i problemi in tanti piccoli sotto-problemi, una volta risolti i quali, si arriva alla soluzione del problema più grande.

Ritengo fondamentale avere sempre curiosità nella vita, anche a costo di spendere tempo e risorse per soddisfarla, i quali non saranno mai sprecati, bensì sempre investiti. D'altronde, lo stesso Albert Einstein ammetteva:

“Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso”


Cap. 1 - DAI PRIMI GIOCHI AL PRIMO DEBUGGING

Il mio primo computer entrò in casa che non avevo ancora compiuto undici anni e frequentavo la quinta elementare.

Lo ricordo ancora come se fosse ieri: da lì a pochi giorni avrei dovuto sostenere gli esami (all’epoca ancora si facevano) ma, nonostante l’attenta programmazione di mio papà, quello che doveva essere l’ambito premio per la mia promozione arrivò con qualche giorno di anticipo e mi ci potei sedere davanti prima di ufficializzare la mia promozione alla scuola media.

La tastiera del pc, un Pentium di prima generazione con Windos 95 come SO, era enorme. Non ebbi quindi alcun problema nell’abituarmi in fretta ad usare entrambe le mani per battere sui suoi tasti, riuscendo con le mie piccole mani a coprire più velocemente tutta la superficie.

Per diverso tempo la mia unica attività con il PC si limitò a qualche gioco e qualche ricerca per la scuola, quest’ultima estratta dall’Enciclopedia Rizzoli (ricordo di avere da qualche parte ancora il CD-ROM dell’edizione ’97) o dalla Encarta. Internet arrivò tempo dopo!

Piano piano iniziai ad interessarmi anche alla parte hardware, soprattutto quando scoprii con grande tristezza che il mondo dell’informatica procedeva talmente spedito che in pochi mesi il mio PC diventava obsoleto e non più in grado di far girare i videogames più recenti, richiedendo aggiornamenti hardware che quasi mai i miei genitori erano lieti di soddisfare, dato il costo solitamente abbastanza ingente.

Un bel giorno riuscii ad accaparrarmi l’ultima edizione del gioco di calcio della EA Sports: FIFA 99, la prima release dopo i mondiali di Francia, con il commento di Massimo Caputi e Giacomo Bulgarelli. Non vedevo l’ora di giocarci. Corro a casa, inserisco il disco, installo il gioco, lo avvio e… non funziona! 😟

Il problema era la scheda video, forse i driver, forse la versione della DirectX (era da poco uscita la 6.0) non compatibile con l’hardware del mio computer… ero nel panico! 😰

Oggi basterebbe "googlare" l’errore mostrato dal programma e leggere le decine di risposte che sarebbe possibile trovare, ognuna con una soluzione diversa e più o meno definitiva allo stesso problema. Ai tempi però non era così semplice.

Ok, dovevo calmarmi, analizzare il problema e trovare una soluzione. Sul pc di mio cugino Marco, appena poche ore prima, funzionava tutto correttamente. E il suo computer non è che fosse molto più recente del mio. Cosa aveva di diverso? Il processore? Pentium c/ AMD. La scheda Video? GeForce c/ Vodoo2. Pure il sistema operativo era diverso: Windows 98 c/ Windows 95. Stavo impazzendo.

Il gioco si bloccava subito restituendo un generico “errore di periferica”. Ok, ma quale periferica?! Ero comunque convinto che il problema fosse la scheda video. Cerco quindi di capire qual è esattamente il modello della mia, di capire se anche il gioco lo ha capito e, quindi, di come fare a capire che lo abbia capito correttamente. Queste informazioni dovevano essere da qualche parte tra le centinaia di file che si erano venuti a creare nella cartella del gioco con la sua installazione. Là, tra quelle migliaia di righe di codice, molte delle quali inaccessibili, ci doveva essere la soluzione al mio problema.

Scartabellando tra i file uno dopo l’altro, mi imbatto in un curioso .exe denominato “3dsetup”. - Di certo avrà a che fare con la scheda video - mi dissi. Lanciandolo però, partiva una sorta di script all’interno del prompt dei comandi che sembrava culminare in un nulla di fatto. Cos’altro c’era insieme a quel file? Un altro elemento con lo stesso nome ma con estensione .ini. Al suo interno vi era contenuta una lista di elementi, alcuni dei quali cominciavano con la parola CARD_

Forse CARD stava per SCHEDA? Magari proprio la scheda video? Sentivo di essere sulla strada giusta. Iniziai a leggere quella lista riga dopo riga, cercando di capire se ci fosse un qualche riferimento alla mia NVIDIA, ma purtroppo non lo trovai.

Un momento… e se proprio il fatto che non riuscivo a trovarlo fosse il problema? 🤔

Chiamo mio cugino (ovviamente a casa, niente cellulare ancora) e gli chiedo di seguire la procedura che avevo svolto anch’io pochi minuti prima per capire quali fossero il nome e il modello esatti della sua scheda video. Poi l’ho guidato verso quello stesso file .ini e gli ho chiesto di controllare se al suo interno ci fossero riportate da qualche parte quelle informazioni.

CARD_3dfx SST2 /R:640x480 /R:800x600 /R:1024x768 /R:1280x1024 /R:1600x1200 /I

Cavoli, la sua c’era. E c’era anche nel mio di file .ini, mentre i dettagli della mia scheda video non li leggevo in nessuna di quelle tante righe. E adesso? Potevo andare a modificare quel file? E se avessi fatto ancora più danni? Beh, ma in fondo, cosa avevo da perdere?

Feci per sicurezza una copia del file .ini e la misi sul desktop, poi modificai quello dentro la directory del gioco aggiungendo una nuova riga sotto quella che riportava i dati della scheda di Marco, copiando da quest’ultima tutti gli elementi fuorché quelli iniziali relativi al modello.

CARD_ NVidia NV4/R:640x480 /R:800x600 /R:1024x768 /R:1280x1024 /R:1600x1200 /I

Salvato il file, provai a rilanciare il gioco e… incredibile, tutto funzionava a meraviglia!

Ero quasi incredulo ma al tempo stesso orgoglioso del mio lavoro: ad appena 12 anni avevo fatto il mio primo debugging. E neppure sapevo si chiamasse così! 🤣


Cap. 2 - L'INIZIO DEL MIO VIAGGIO VERSO IL MONDO DELLA PROGRAMMAZIONE

Quell’esperienza cambiò completamente il mio approccio verso i computer. Era come se fosse riuscita ad avvicinare il mondo dell’informatica al mio modo di vedere le cose come mai prima di allora. Come se fino a quel momento avessi visto centinaia di anime giapponesi in lingua originale limitandomi ad osservare solo le immagini, senza capire una mazza dei dialoghi, per poi cominciare a comprendere anche l’audio ed arrivando ad una visione d’insieme molto più ampia e completa.

Era quella la strada verso il “lavorare con i computer” che da sempre volevo fare? Beh, di certo volevo scoprirlo.

Cominciai a studiare i primi linguaggi, partendo proprio dall’HTML. Ricordo (e forse ne ho ancora da qualche parte una copia) una guida su CD-ROM che mi prese mio padre in edicola intitolata “HTML in 7 giorni” e che prometteva di insegnarti il linguaggio in tale tempo con delle piccole ma abbastanza complete lezioni da fare ogni giorno per una settimana.

Pian piano passai ai linguaggi di programmazione veri e propri, scontrandomi per la prima volta con gli approcci di ragionamento, le sintassi ed i costrutti fondamentali che li contraddistinguono. La mia prima scelta ricadde sul Visual Basic, che feci una fatica immane ad apprendere da un volume che trovai alla libreria universitaria della mia città… un po’ troppo sfidante per il mio livello dell’epoca.

Dopo diverse settimane passate sul libro e davanti allo schermo del PC, ero riuscito a programmare un banale script che restituiva la scritta “Hello World!” e consentiva di cliccare solamente su OK o Cancel, in entrambi i casi per chiudere la finestra.

Mi sa che avevo proprio ancora tanta strada da fare! 😅

Intanto però, giocando e sperimentando, il codice prendeva sempre più forma, consentendomi di scoprire e capire continuamente cose nuove. Mi divertivo ad utilizzare la console di Windows (o prompt dei comandi) per fare quelle operazioni che potevo fare normalmente con mouse e tastiera, fin quando realizzai che potevo mettere tutte quelle istruzioni all’interno di un file, salvarlo e riutilizzarle senza doverle scrivere nuovamente. Avevo appena scoperto la potenza dei file Batch!

Se potevo comprimere in poche righe di codice una serie di operazioni di routine che svolgevo con frequenza, allora potevo anche preparare degli script precompilati che, all’occorrenza, potevano essere richiamati per far fare quelle stesse attività direttamente al PC invece che manualmente.

Così, attività come “crea una nuova cartella in quel percorso - generaci dentro questo file - copia il file e mettilo anche in un’altra cartella” e così via, potevano essere richiamate con un unico comando. Non ci misi poi molto a scoprire che alcune azioni ricorrenti potevano addirittura essere automatizzate, come spegnere il PC ad una certa ora, creare dei backup e così via. Pensavo ad un processo, lo scomponevo in una serie di azioni logiche che il computer doveva svolgere in sequenza, trascrivevo quella sequenza in istruzioni codificate che il computer potesse comprendere e le salvavo in un file eseguibile. Ero diventato a tutti gli effetti un programmatore.

Se vuoi saperne di più su cos'altro è uscito da quel cassetto, visita la sezione Web Development oppure il mio profilo GitHub!


Cap. 3 - IL MIO PRIMO PROGRAMMA: UN VIRUS

Inizialmente erano delle vere e proprie banalità. In fondo, quali routine informatiche poteva avere un ragazzino che aveva appena iniziato le superiori? Avevo voglia di spingermi oltre, di fare qualcosa che funzionasse in modo tangibile e non soltanto per me. I miei genitori, tuttavia, il computer non lo utilizzavano praticamente mai, quindi non potevo contribuire a migliorare le loro attività con un mio programma. Rimaneva solo un’alternativa: la scuola.

L’aula di informatica del mio istituto contava più di una ventina di postazioni, oltre un server e qualche altro bel giocattolo. Erano vari i professori che, con una scusa o con un’altra, ci portavano in quel “paese dei balocchi”, da quello di fisica per delle ricerche, a quello di religione tanto per farci passare la sua ora, da quello di matematica appassionato di computer ed organizzatore del corso per conseguire l’ECDL a quello di topografia esperto di programmazione. Per un motivo o per un altro ci passavamo almeno tre o quattro ore a settimana. Quale laboratorio migliore per condurre i propri esperimenti?

Ero pronto per scrivere il mio primo, vero script. Si ok, ma che cosa avrebbe dovuto fare? Bella domanda. Visto che parliamo di scuola e che a quell’età siamo tutti un po’ ribelli, decisi di scrivere un programma che faceva qualche danno. 😈

In cinque minuti scrissi un algoritmo che, una volta lanciato, rimaneva latente sino allo spegnimento e riavvio del PC, per poi intervenire interrompendo l’avvio del sistema operativo e… formattando l’Hard Disk.

Ero sicuro che funzionasse. Talmente sicuro che non volevo neanche testarlo, mi bastava averlo creato. Mentre scrivevo quello script, lo “maneggiavo” come un immunologo in tuta arancione che tiene in mano una provetta contenente il virus Ebola. “Ebola”, il nome perfetto anche per il mio programmino. Così lo chiamai Ebola 2.

Caricato dentro un floppy disk da 3,5’’ lo portai a scuola, trattandolo sempre la stessa cura dell’immunologo e ne feci parola solo con il mio amico Simone, il più smanettone (fa anche rima) con i computer della classe insieme al sottoscritto. Gli dissi ovviamente quello che faceva (o almeno quello per cui era stato programmato) e che ero sicuro avrebbe funzionato. In realtà era anche uno script molto banale che, in poche righe di codice, svolgeva le tre istruzioni che doveva: nascondersi, attendere il riavvio e colpire.

Lo stesso giorno, all’aula di informatica con il prof di matematica, ero deciso a riportarmelo a casa senza averlo testato. Non avevo affatto paura, anzi, mi dispiaceva per quello che ero sicuro sarebbe successo e mi sentivo in colpa al solo pensiero di farlo, senza neppure provarci. Sarebbe finita lì… se non fosse che Simone, più curioso di me, prese l’iniziativa (e anche il floppy) lanciando il programma su tutti i computer, uno dopo l’altro, tranne il server dove era seduto il professore.

Non accadde nulla. Inizialmente almeno. Ed era normale, perché i computer rimanevano accesi tutto il giorno, poi il prof dell’ultima ora provvedeva a spegnerli tutti chiudendo l’aula e quello della prima ora del giorno successivo a riaccenderli. Noi quel giorno non eravamo gli ultimi e l’aula di informatica continuò a funzionare egregiamente sino a fine giornata. La mattina seguente, con il prof di religione, eravamo però i primi.

Scendendo il lungo corridoio che vi conduceva, quell’aula e il suo contenuto erano al centro dei pensieri miei e di Simone. Non stavamo più nella pelle aspettando di vedere quello che sarebbe successo. E non ci volle molto perché, seduti ognuno alle proprie postazioni, chi prima e chi dopo dei nostri compagni cominciò ad attirare l’attenzione del professore lamentando la mancata accensione del proprio PC.

In realtà il computer si era acceso eccome, solo che Windows e tutto il suo contenuto non c’erano più, estirpati come da un rapido e deciso colpo di falce abbattutosi su di loro attraverso un floppy disk da tre pollici e mezzo. L’aula rimase chiusa per un mese prima che su tutti i pc fosse reinstallato Windows, i programmi, i driver occorrenti e tutto il resto, consentendone di nuovo l’utilizzo.

Magari non proprio l’esperienza di cui andare più fieri nella vita, ma comunque un episodio dal quale seppi imparare qualcosa, tra cui il fatto che i programmi, se usati male, possono fare anche danni più o meno seri.

Negli anni seguenti, HTM, CSS e poi JavaScript divennero i miei migliori alleati per ricerche, presentazioni e tesine. Mentre i miei compagni imbustavano le proprie opere in slide di Power Point, io realizzavo dei veri e propri siti internet in miniatura, con collegamenti ipertestuali, scritte dinamiche e tante, tante gif animate (in quegli anni andavano molto di moda 🤢)


Cap. 4 - SCUOLA FINITA. E ORA?

Conseguito il diploma, appassionato com’ero (e sempre più diventavo) di informatica e tutto quello che la riguardava, direi che era abbastanza scontato quello che avrei fatto dopo. E invece no! I computer erano la mia passione. Avevo paura che se li avessi trasformati in uno studio forzato prima ed in un lavoro vero e proprio dopo sarei finito con l’odiarli. Così proseguii su un’altra strada, quella su cui mi aveva messo il mio diploma: fare il geometra libero professionista.

Ebbi la fortuna di essere chiamato da uno degli studi tecnici associati più autorevoli di Terni, la mia città, e, nei due anni di tirocinio obbligatori che svolsi presso di esso, imparai tantissime cose. Dalla progettazione alla direzione lavori, passando per la topografia e le pratiche catastali, finanche alle valutazioni immobiliari per conto di istituti di credito e giudici del tribunale. La mia curiosità mi aiutò ad apprendere il più possibile e superai di slancio l’esame di abilitazione alla fine del periodo di praticantato.

Pochi mesi dopo mi iscrissi all’Albo dei Geometri della mia provincia, avviandomi definitivamente all’esercizio della libera professione. A quel punto sì che il computer andava a costituire un serio strumento di supporto per il mio lavoro e, insieme al mio amico Simone della scuola, configurammo un server Linux che si occupava di fare un sacco di cose, dai backup alla gestione della telefonia Voip, oltre alla protezione della rete del mio ufficio, tema che conoscevamo ormai abbastanza bene vista anche l’esperienza con Ebola 2 di diversi anni prima.

Ogni giorno cercavo soluzioni per rendere il mio lavoro quanto più libero possibile, demandando al computer l’incombenza di svolgere tutte le azioni stancanti e ripetitive. Era fantastico! Avevo trovato un equilibrio grazie al quale potevo migliorare il mio lavoro sfruttando la mia passione. Non potevo desiderare di meglio.


Cap. 5 - DALLA LIBERA PROFESSIONE ALLA SOCIETA’

Dopo una iniziale esperienza da solo, nel 2010 costituii insieme ad un architetto uno studio associato. Io mi occupavo prevalentemente di pratiche catastali e valutazioni immobiliari, mentre lei seguiva soprattutto gli ambiti legati alla progettazione, al design ed alla direzione dei lavori. Insieme riuscivamo a completare al meglio le reciproche competenze, svolgendo in comune tutte quelle attività che si trovavano a confine tra le nostre figure professionali.

L’attività associativa così divisa ed organizzata mi consentì di focalizzare sempre più l’attenzione verso quella disciplina che, più di tutte le altre, sentivo mia: le valutazioni immobiliari.

Decisi di farne il mio cavallo di battaglia e sfruttare l’avvento delle nuove metodologie di valutazione immobiliare che arrivavano dall’estero per accrescere le mie competenze, il mio lavoro e, perché no, anche il fatturato! Ottenni delle certificazioni a livello nazionale ed internazionale nell’ambito degli Standard Internazionali di Valutazione Immobiliare IVS ed EVS; mi iscrissi all’albo dei CTU tenuto presso il tribunale della mia provincia; tenni dei corsi di formazione in qualità di docente presso ordini professionali, andando ad insegnare ai tecnici le valutazioni svolte secondo le nuove procedure standardizzate; fui ingaggiato come consulente e tecnico territoriale da primarie società di valutazione immobiliare; ottenni anche degli incarichi pubblici come esperto estimatore.

Neanche nelle mie più ottimistiche previsioni potevo immaginare che il percorso sul quale mi ero instradato solo pochi mesi prima avrebbe portato in così poco tempo ad un incremento tanto significativo del mio lavoro. Non ebbi neanche bisogno di pubblicizzare le mie nuove conoscenze e competenze verso nuovi potenziali clienti, in quanto furono direttamente questi ultimi a contattarmi grazie alla visibilità fornitami dalle varie associazioni di categoria per valutatori immobiliari alle quali potei iscrivermi una volta conseguite quelle certificazioni. La domanda, intesa come la quantità delle richieste di lavoro, era molto superiore all’offerta, ovvero ai professionisti che avevano quelle skills per le quali società e pubbliche amministrazioni erano disposte a pagare e ad assumere. Ero all’apice della mia carriera libero-professionale. E la cosa iniziò a preoccuparmi.


Cap. 6 - ERA ORA DI CAMBIARE

Starete pensando: “Ma come? Hai un sacco di lavoro ed è il lavoro che ti piace fare, dici di essere all’apice della tua carriera e… ti preoccupi?!” Beh, si… perché tutta quella crescita così repentina mi stava costando tantissimo sacrificio ed impegno. Da mesi andavo a lavorare alle otto di mattina e staccavo alle undici di sera, girando tutto il giorno in auto per mezzo centro Italia, con frequenti trasferte a Roma o chissà dove per appalti a cui avevo partecipato senza badare al kilometro e che mi ero poi aggiudicato.

Ebbi paura perché sapevo che una città come Terni, nella quale ero nato, cresciuto e vivevo, aveva ormai ben poco di più da offrirmi. E se anche lo avesse avuto, quanto sarebbe durato? E se anche mi fossi sbagliato, per quanto io sarei stato in grado di reggere quel ritmo e quei volumi di lavoro? Avrei dovuto investire su una nuova risorsa umana, una segretaria, un tirocinante, magari entrambi, ma per quanto tempo sarei stato in grado di garantire loro sicurezza lavorativa e crescita professionale in un periodo di perdurante piena crisi del settore edilizio e immobiliare, circondati da aziende che chiudevano e fallivano anziché crescere, assumere ed espandersi?

Ero ad un bivio: continuare sulla stessa strada che avevo imboccato correndo tutti i rischi del caso, oppure rimettere tutto in discussione, prendere quel know-how che mi ero costruito e sfruttarlo come chiave di accesso per una grande realtà aziendale, all’interno della quale avrei potuto continuare a crescere e ad imparare ma non più come anima solitaria, bensì come anello di una catena molto più lunga e molto più forte?

Sentivo di avere un treno da prendere. Uno di quelli che, una volta passato, avrei perso per sempre. Carpe Diem: decisi per l’opzione B. E ciò significava soltanto una cosa: trasferirmi a Milano, l’unica città che riuscivo a vedere ancora come la “Land of Opportunity” italiana.


Cap. 7 - LA SVOLTA

Erano le 18:00 del giorno successivo a quello in cui avevo realizzato tale idea e, di rientro dal mio solito giro di sopralluoghi, pronto ad affrontare la fase due della mia giornata lavorativa – compilare le perizie degli immobili visti nella prima metà della giornata – andai sul portale Indeed e cercai annunci di lavoro su Milano che avevano a che fare con le valutazioni immobiliari.

Inserita la chiave di ricerca e l’area geografica, tra i primi risultati mi uscì un’offerta di lavoro pubblicata appena sei ore prima da parte di un primario provider del settore, una Public Company operante in vari ambiti, tra cui quello del Real Estate Appraisal. L’annuncio, per un solo posto disponibile, descriveva un profilo richiesto che era cucito perfettamente addosso ai miei titoli, alle mie competenze ed alla mia esperienza, proprio come un abito su misura.

Senza pensarci neanche un attimo, aggiornai il CV e lo inviai. Finii di lavorare, tornai a casa e dissi alla mia famiglia: “Ho mandato il mio curriculum ad una società di Milano per un posto di lavoro a tempo indeterminato. Con tutta la gente che risponderà a quell’annuncio, non chiameranno mai me. Ma, se dovessero darmi l’opportunità di una interview, quel lavoro sarà il mio”.

Una settimana dopo mi chiamarono, invitandomi ad un primo colloquio. La settimana dopo ancora cercavo casa a Milano e, passate le vacanze di Natale e dell’Epifania, iniziavo a lavorare presso l’azienda.


Cap. 8 - UN NUOVO INIZIO

Per la prima volta impiegato con un contratto di lavoro subordinato in vita mia, mi ritrovai a lavorare in un ambiente nuovo, con nuovi rapporti professionali, nuovi ritmi operativi e tante, tante nuove cose da imparare.

Ma la cosa più bella di queste grandi aziende è che, al fine di efficientare al massimo l’erogazione dei propri servizi, sono caratterizzate da imponenti sistemi informatici che vengono configurati e sfruttati appositamente per dare supporto dell’attività erogata.

Nelle esperienze lavorative che feci, potei toccare con mano e sempre più da vicino l’allestimento dell’infrastruttura IT per la messa in produzione di nuove attività e di nuovi servizi, finanche ai sistemi di machine learning e di intelligenza artificiale che sempre più velocemente si stanno facendo strada in questo settore.

Ebbi la fantastica opportunità di essere inserito in team di sviluppo, curando e supervisionando aspetti di interazione tra l’attività tecnico-valutativa e quella informatica come mai avrei potuto fare prima.

Sapevo di essere nato per quello: il punto d’incontro tra le valutazioni immobiliari e l’informatica, il mio equilibrato dualismo tra tutti quelli del mondo. Professione e passione, hardware e software, terra e cielo, nero e bianco: il mio yin e yang. Mi sentivo come un calciatore di successo che viene pagato per fare proprio il lavoro che ama.


Cap. 9 - COVID, LOCK DOWN E… PYTHON

Poi arrivò la pandemia. L’introduzione dello stato di emergenza e la successione delle fasi di lock down, con particolare riferimento al primo di inizio marzo 2020, durante il quale si poteva uscire di casa praticamente solo per fare la spesa, mi portarono presto a pensare che tutto quel tempo da passare a casa dovesse essere sfruttato per qualcosa di utile e produttivo.

Decisi quindi di cogliere quell’opportunità per approfondire un tema sul quale non mi ero mai davvero addentrato, ovvero il machine learning, magari applicato proprio alle valutazioni immobiliari.

Ovviamente avevo già delle basi di programmazione, ma non per quanto riguardava il Python, un linguaggio che risultava essere particolarmente performante in quello specifico ambito.

Era decisamente un buon momento per impararlo!

Un paio di libri, qualche video tutorial, un corso a pagamento e, in un batter d’occhio, mi ritrovai immerso in argomenti come la data science, la big data analysis, l’intelligenza artificiale e il deep learning. 🤯

Statistica inferenziale, deviazione standard, varianza, covarianza, data mining… hey, un momento… io facevo siti web e perizie di stima immobiliari. Cos’è questa roba? Forse stavo uscendo troppo dal mio seminato e il tema non riusciva più ad appassionarmi come gli altri. Così tornai sui miei passi, prendendo quanto di buono quel cammino, seppur breve, aveva fatto in tempo a lasciarmi: il Python. Ne studiai l’applicazione anche nel campo del web development, reso possibile in particolare grazie a freamwork come Django e Flask, accrescendo ulteriormente le mie competenze e conoscenze sul lato back-end. Ancora una volta, però, avevo capito quanto e come il mio yin e il mio yang fossero interconnessi!


Cap. 10 - E ADESSO…?

Ciò che cerco di fare oggi è proprio esprimere al meglio entrambi gli elementi che mi caratterizzano: quello tecnico come valutatore immobiliare e quello informatico come sviluppatore web. Il mio desiderio è quello di aiutare le persone a raggiungere i propri traguardi. Questo sito si pone proprio l’obiettivo di far convergere tale dualismo in una simbiosi mutualistica, grazie alla quale un aspetto riesce a supportare e completare l’altro rendendo entrambi migliori.


" L'unico limite della programmazione è nella fantasia del programmatore! "